Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Un altro fungo di cui c'è un uso tradizionale, affezionato nei territori del Salento è il "fungo del mirto", conosciuto con vari miconimi iperlocali, tra cui murteddhraru / funciu di murtedda (Lecce), funciu rinieddu (= fungo del timo, Mesagne), fung larder / lardare (Fasano), palumminu / palummine / colombino (Oria, Manduria, Ostuni), citrignulu (Francavilla Fontana), trunieddu (Ceglie Messapica), e a Porto Cesareo addirittura semplicemente "u funciu". (Anche i nomi generici lardaiolo e colombino sono da intendersi in questo senso, per antonomasia: sono taxon vernacolari per "fungo buono", che all'occasione vengono qualificati variamente per distinguere eventuali tipologie specifiche.)
La sua definizione scientifica si deve, al pari del L. tesquorum, agli studi Malençon dei macromiceti del meridione mediterraneo, da collezioni provenienti dal litorale tingitano. Per quanto prima descritto presente in locali sugherete costiere, nel tempo lo si è riconosciuto tipicamente associato a cisto, lentisco e mirto - come testimoniano anche i nomi spontanei vernacolari salentini. (Nota etimologica a latere: il "varius" era inteso da Schäffer per l'aspetto variopinto del fungo (lo traduce infatti dal tedesco "vielfarbig") - non per una varietà morfologica; lo stesso vale dunque anche per C. variiformis: assomiglia nella forma al suo policromo parente.)
Dell'uso alimentare di questo appartenente ai Phlegmacium è registrato un parallelo, relativo al suo consimile da habitat diverso dalla macchia: Cortinarius varius, tipico dei boschi calcarei di conifere, è apprezzato commestibile in alcune culture slave e nordiche. (Da notare il parallelismo con il caso di L. torminosus & L. pubescens vs. L. tesquorum.)
Non si trovano ricette pubblicate di questa tipologia - che anche per Sitta & Co "si possono considerare commestibili, raccomandando la completa cottura sebbene a oggi non sia noto alcun problema dovuto a tossine termolabili [...]" - ma, per quanto le volte che è comparso qui in FeM la sua stima gastronomica non risulta indiscussa, altrove viene citato come prelibato nel trifolato misto.
Buon appetito!
FONTI
Malençon & Bertault, 1970. Champignon Supérieurs du Maroc vol. 1, p. 526 (ristampato nel 2003)
AA. VV., 2007. Discussione su Cortinarius variiformis, in Forum Acta Fungorum (sito)
Campagna, 2012. scheda Cortinarius variiformis, Malençon, in A funghi nel Salento... e anche altrove (sito).
Schmidt-Stohn et. al., 2020. Cortinarius subgenus Phlegmacium subsection Varii in Europe, in Journal des J.E.C. n. 22, p. 27–49
La sua definizione scientifica si deve, al pari del L. tesquorum, agli studi Malençon dei macromiceti del meridione mediterraneo, da collezioni provenienti dal litorale tingitano. Per quanto prima descritto presente in locali sugherete costiere, nel tempo lo si è riconosciuto tipicamente associato a cisto, lentisco e mirto - come testimoniano anche i nomi spontanei vernacolari salentini. (Nota etimologica a latere: il "varius" era inteso da Schäffer per l'aspetto variopinto del fungo (lo traduce infatti dal tedesco "vielfarbig") - non per una varietà morfologica; lo stesso vale dunque anche per C. variiformis: assomiglia nella forma al suo policromo parente.)
Dell'uso alimentare di questo appartenente ai Phlegmacium è registrato un parallelo, relativo al suo consimile da habitat diverso dalla macchia: Cortinarius varius, tipico dei boschi calcarei di conifere, è apprezzato commestibile in alcune culture slave e nordiche. (Da notare il parallelismo con il caso di L. torminosus & L. pubescens vs. L. tesquorum.)
Non si trovano ricette pubblicate di questa tipologia - che anche per Sitta & Co "si possono considerare commestibili, raccomandando la completa cottura sebbene a oggi non sia noto alcun problema dovuto a tossine termolabili [...]" - ma, per quanto le volte che è comparso qui in FeM la sua stima gastronomica non risulta indiscussa, altrove viene citato come prelibato nel trifolato misto.
Buon appetito!
FONTI
Malençon & Bertault, 1970. Champignon Supérieurs du Maroc vol. 1, p. 526 (ristampato nel 2003)
AA. VV., 2007. Discussione su Cortinarius variiformis, in Forum Acta Fungorum (sito)
Campagna, 2012. scheda Cortinarius variiformis, Malençon, in A funghi nel Salento... e anche altrove (sito).
Schmidt-Stohn et. al., 2020. Cortinarius subgenus Phlegmacium subsection Varii in Europe, in Journal des J.E.C. n. 22, p. 27–49
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Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Ottima ricerca.
Ma continuo a domandarmi quanti ne possono nascere da quelle parti di questi cortinari, affinché siano conosciuti dalla massa e assumano un valore popolare e quindi anche gastronomico. Io vado spesso a funghi e devo dire che di questo gruppo ne incontro 2-3 raccolte l'anno. Un po' poche affinché diventino conosciute e apprezzate da semplici cercatori di specie commestibili.
Ugualmente per il Lactarius tesquorum, sicuramente più comune (sempre dalle mie parti) rispetto a questo cortinario, ma infinitamente meno dei Lactarius deliciosus, sanguifluus...
E mi viene in mente anche Amanita ponderosa, molto rara in Italia ma probabilmente comunissima in Spagna, molto apprezzata e tale da meritarsi anche un nome volgare ("gurumelo", se ricordo bene).

Ma continuo a domandarmi quanti ne possono nascere da quelle parti di questi cortinari, affinché siano conosciuti dalla massa e assumano un valore popolare e quindi anche gastronomico. Io vado spesso a funghi e devo dire che di questo gruppo ne incontro 2-3 raccolte l'anno. Un po' poche affinché diventino conosciute e apprezzate da semplici cercatori di specie commestibili.
Ugualmente per il Lactarius tesquorum, sicuramente più comune (sempre dalle mie parti) rispetto a questo cortinario, ma infinitamente meno dei Lactarius deliciosus, sanguifluus...
E mi viene in mente anche Amanita ponderosa, molto rara in Italia ma probabilmente comunissima in Spagna, molto apprezzata e tale da meritarsi anche un nome volgare ("gurumelo", se ricordo bene).
Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Senz’altro l’emergere di una tipologia di fungo fino a meritarsi un locale (o anche localissimo) nome di battesimo dipende strettamente da fattori di bioregione/microclima, oltreché di fabbisogno di nutrimento della popolazione coinvolta. In questo senso, credo siano molto specifici i territori in cui questo colorato cortinario assuma una dimensione rilevante dal punto di vista alimentare.
A dirla tutta, cmq, mi sento anche un po’ un’intruso a tentare di ricostruire lessici e usi di cui so solo da racconti e tracce lasciate qua e là, per restituire validità/legittimità a questi fenomeni (magari trovando corroboranti paralleli altrove). Da sempre la sparizione di patrimoni locali di conoscenza mi suscita una profonda ansia - spero di poter contribuire a frenarne almeno un poco l’oblio (che a torto, trovo, viene spesso raccontato come inevitabile), senza per questo risultare usurpatore del ruolo dei conservatori naturali, contestuali, di questi saperi…
A dirla tutta, cmq, mi sento anche un po’ un’intruso a tentare di ricostruire lessici e usi di cui so solo da racconti e tracce lasciate qua e là, per restituire validità/legittimità a questi fenomeni (magari trovando corroboranti paralleli altrove). Da sempre la sparizione di patrimoni locali di conoscenza mi suscita una profonda ansia - spero di poter contribuire a frenarne almeno un poco l’oblio (che a torto, trovo, viene spesso raccontato come inevitabile), senza per questo risultare usurpatore del ruolo dei conservatori naturali, contestuali, di questi saperi…
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Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
progosk ha scritto: ↑21 dic 2022, 19:37Senz’altro l’emergere di una tipologia di fungo fino a meritarsi un locale (o anche localissimo) nome di battesimo dipende strettamente da fattori di bioregione/microclima, oltreché di fabbisogno di nutrimento della popolazione coinvolta. In questo senso, credo siano molto specifici i territori in cui questo colorato cortinario assuma una dimensione rilevante dal punto di vista alimentare.
A dirla tutta, cmq, mi sento anche un po’ un’intruso a tentare di ricostruire lessici e usi di cui so solo da racconti e tracce lasciate qua e là, per restituire validità/legittimità a questi fenomeni (magari trovando corroboranti paralleli altrove). Da sempre la sparizione di patrimoni locali di conoscenza mi suscita una profonda ansia - spero di poter contribuire a frenarne almeno un poco l’oblio (che a torto, trovo, viene spesso raccontato come inevitabile), senza per questo risultare usurpatore del ruolo dei conservatori naturali, contestuali, di questi saperi…

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Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Particolare anche questo tuo intervento per scelta del fungo, con colorazioni scenografiche, nonché per il racconto della sua denominazione locale e del suo consumo in quella specifica zona. 

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Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Ti capisco. Io ho nostalgia di come parlavano i miei nonni, contadini, e gli altri loro coetanei del paese. Ito per andato, fenno per fecero, denno per diedero, andommo per andammo, andiedero per andarono, fecino per fecero, l'assegno di accompagnamento per i portatori di handicap diventava l'accompagnatura, il Monte dei Paschi era il Monte dei Pascoli e tanti altri esempi. Ormai queste parole non le sento più dire a nessuno ma rimbombano nella mia mente ogni tanto. Parole che già la generazione dopo la mia non conosce. Cari ricordi che ti fanno capire quanto tempo sia passato e com'è cambiato il mondo.
Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
vedi, sono istanti come questo che mi confermano la convinzione che non si tratti di locuzioni da vivere come approssimazioni incolte o storpiature di provincia, ma proprio come registri di saperi che in altra maniera si perdono nell'etere: chi è che saprebbe ancora, come riassunto qui, che paschi significa letteralmente pascoli?
Che differenza fa, mi dirai? Beh, chiamare le cose per il loro nome aiuta a conservare memoria di come sono andate le cose. Del come il fondare la pratica da banchieri su una logica di appropriazione terriera (vedi il fenomeno di enclosure, in cui le terre comuni vengono espropriate a favore di singoli, operatori mercato) in un certo momento sembrava il marketing opportuno da sostituire a quello della pietà, della misericordia, l'altra narrazione che prima faceva da garante, tramite la gestione del "monte" denari, ad un ordine sociale fondato comunque su profonde iniquità (cosa che l'articolo omette di ricordare...).
Insomma, senza ora tirarla per le lunghe: le parole importano, e quelle vernacolari quanto (e a volte più) di quelle "ufficiali".
Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
toh, m'è capitato or'ora di leggere di un ritrovamento di A. ponderosa quest'anno in quel di Calabria (in provincia di Cosenza, prima segnalazione italiana penisolare); a leggerno un po' in giro, è festeggiato alle latitudini meridionali un po' come fosse un dormiente del cisto :-DQueletia mirabilis ha scritto: ↑21 dic 2022, 18:22E mi viene in mente anche Amanita ponderosa, molto rara in Italia
Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu
Registro qui un'altro vernacolare pugliese per C. variiformis, di uso nel tarantino: vitriulu (forse per il colore dell'imenio, cobalto-violaceo come il blu vetriolo?).progosk ha scritto: ↑21 dic 2022, 14:51Un altro fungo di cui c'è un uso tradizionale, affezionato nei territori del Salento è il "fungo del mirto", conosciuto con vari miconimi iperlocali, tra cui murteddhraru / funciu di murtedda (Lecce), funciu rinieddu (= fungo del timo, Mesagne), fung larder / lardare (Fasano), palumminu / palummine / colombino (Oria, Manduria, Ostuni), citrignulu (Francavilla Fontana), trunieddu (Ceglie Messapica), e a Porto Cesareo addirittura semplicemente "u funciu".
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Re: Cortinarius variiformis, aka murteddhraru, rinieddu, palumminu



