
Roger Heim, un micologo nell'inferno (Mauthausen-Buchenwald-Güsen, 1944-1945)
di Joan Pedrol, Universitat de Lleida, febbraio 2020
"Ecco com'era la nostra vita. È in questa realtà allucinante che la nostra morale ha cercato di scovare un elemento di speranza. E molti di noi l'hanno afferrato, questo fragile indizio, con la fede di un'energia folle e incomprensibile. Così è fatto il meraviglioso meccanismo ch’è l’umano, questo essere forgiato in migliaia di secoli e che dei nuovi Barbari volevano annientare. Ma hanno ucciso solo il corpo, non lo spirito." (Roger Heim, La sombre route, 1947)
“Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate”, è il monito che secondo il poeta appare alle porte dell'inferno. “Du Kommst Niemals Raus” è il benvenuto, inciso nel granito, all'ingresso del campo di concentramento di Mauthausen. A volte il peggiore degli incubi diventa realtà quotidiana. E anche se svegliarsi sembra impossibile, c'è chi vi è riuscito ed è stato in grado di ricostruire la propria vita.
Roger Heim (1900-1972) aveva un futuro radioso davanti a sé alla fine degli anni '30. Ingegnere chimico di formazione, si interessò presto ai funghi, difendendo la sua tesi di dottorato sul genere Inocybe nel 1931. Nel 1933 era già vicedirettore del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi e lavorava alle Russulales del Madagascar e agli Agaricales associati con le termiti africane. In precedenza, nel 1932, aveva trascorso un mese in Catalogna, lavorando nell'ambito delle attività del Piano Micologico Quinquennale preparato da Pius Font i Quer (1888-1964) e i suoi risultati apparvero sulla rivista Treballs del Museu de Ciències Naturals de Barcelona nel 1934. Nel 1935 aveva sposato la micologa rumena Panca Eftimiu, specialista in citologia, e avevano già un figlio.
Ma tutto vacillò con l'invasione della Francia da parte dei tedeschi. Attivo nella Resistenza dal 1942, fu tradito e arrestato l'anno successivo, ed internato in diversi campi francesi, fino a quando fu deportato nel campo di selezione di Buchenwald (gennaio-febbraio 1944), poi trasferito a Mauthausen (febbraio-marzo 1944) e infine internato a Güsen, un campo sussidiario, specializzato nello sterminio delle élite dei paesi conquistati, costretto al lavoro forzato nell'estrazione del granito nella cava del campo. Sopravvisse alla quotidianità e anche alle stragi finali dell'aprile 1945, quando i francesi a Güsen uscirono e percorsero i 5 km che li separavano da Mauthausen, dove in teoria li aspettavano i camion della Croce Rossa. Ma non c'erano camion per tutti e dovettero aspettare dieci giorni a Mauthausen senza cibo e all'aperto e, proprio quando sarebbe toccato al loro turno di finire nelle camere a gas, arrivarono i primi carri leggeri americani, grazie al deciso intervento del delegato della Croce Rossa Internazionale, lo svizzero Louis Haefliger.
Dopo la guerra, tenne quattro conferenze relative a parte delle sue esperienze e riflessioni, che raccolse in una pubblicazione del 1947, La sombre route. Le prime due furono tenute a maggio e novembre 1945, rispettivamente al Museo Nazionale di Storia Naturale e alla Sorbona, la terza, nel giugno 1946, in una cerimonia in memoria di padre Jacques de Jésus, uno dei clandestini organizzatori della comunità francese all'interno del campo, morto poco dopo la liberazione a causa di una polmonite. In esse spiega le condizioni di organizzazione e lavoro nei campi di concentramento, evidenziando le diverse vicende che hanno comportato la morte, come anche i requisiti necessari per riuscire a sopravvivere. Fornisce la descrizione di numerosi casi, testimoniati in prima persona o vissuti da lui stesso, di quanto lontano può spingersi un essere umano per sopravvivere. Non dice molto sulla sua situazione personale, accenna solo di sfuggita che è stato oggetto di qualche esperimento medico e spiega alcune delle routine quotidiane. Sono invece numerose le riflessioni sul motivo di tutto ciò, cercando di capire come le guardie del campo hanno potuto applicare un programma sistematico atto ad annientare ogni speranza - non lasciandoli soli per un momento, le molestie e logorii costanti - senza mai mostrare la minima empatia, nessuna compassione, per la sofferenza di un altro essere umano; anzi l'opposto, sfoggiando crudeltà gratuita, e perfino sadismo.
La quarta conferenza risale al gennaio 1947, in una manifestazione organizzata dalla "Federazione nazionale deportati e resistenti internati e patrioti". È breve, ma pessimista ed è quello, letto oggi, forse più sorprendente, poiché lo mostra del tutto contrario non solo all'oblio, ma esplicita anche la sfiducia che il popolo tedesco possa mai dissociarsi dal nazismo, affermando che la democrazia è incompatibile con il temperamento tedesco. Sorprendentemente, indirizza le sue accuse a Kurt Schumacher, un socialdemocratico tedesco che era stato arrestato e internato in vari campi di concentramento dal 1933 e che l'anno prima era riuscito a diventare segretario dell'SPD, e fu a capo dell'opposizione ai governi conservatori di Konrad Adenauer fino al 1952, anno della sua scomparsa. Alla luce di questo scritto, resta aperta l’interpretazione del titolo del libro, il fosco cammino, decisamente ambiguo, e che rimanda al futuro.
Anche se a un certo punto si avverte l'origine più o meno "da raduno" dei testi, sono scritti molto bene e la lettura è fluida [finché le lacrime del lettore lo consentono]. A differenza di altre storie sui campi di concentramento, nulla è romanzato, compaiono solo la realtà vissuta e le riflessioni personali dell'autore. Il suo punto di vista è molto francese, parla raramente di rapporti con prigionieri di altri paesi - c'è una certa ammirazione per i russi, un certo disprezzo per i polacchi - ma il tema ricorrente è quello di indagare il rapporto dei tedeschi in generale con il genocidio. Era pronto a non aspettarsi alcuna pietà dalle truppe delle SS, ma l'indifferenza dei soldati della Wehrmacht o di quella dei Kapo è più difficile da capire, una volta si trova nelle baracche. Spesso sottolinea l'importanza di conservare la speranza, anche se l'intero sistema è stato progettato proprio per eliminarla. Particolarmente doloroso è il racconto delle conseguenze dei bombardamenti alleati sulla vicina città di Linz durante gli ultimi mesi di guerra, in cui la speranza di una fine imminente si mescola all’obbligo di superare una nuova prova fisica che potrebbe essere l'ultima: ad ogni allerta di attacco dovettero correre per circa 1,500m per entrare nei tunnel scavati nella montagna, schivando i manganelli e inseguiti dai cani. Fa rabbrividire anche il racconto delle vittime mietute dal disperato avventarsi sulle razioni di cibo fornite dalla Croce Rossa alla liberazione.
E un'osservazione: all'inferno non ci sono funghi, né piante. O almeno nemmeno i botanici più preparati sono in grado di prestar loro la minima attenzione, determinati come sono a sopravvivere preservando, se possibile, un residuo di dignità umana. L'unico riferimento all'interno del campo è quando spiega che raccogliere qualche fugace foglie di soncino o dente di leone può rappresentare la possibilità di sopravvivere un altro giorno. In precedenza, durante i primi giorni a Mauthausen, resta colpito dalla distesa di paesaggio di fronte all'ingresso del campo. Dopo, nell'ultimo viaggio da Gusen a Mauthausen, ammira gli alberi da frutto e le prime erbe primaverili in fiore.
Membro dell'Académie des Sciences dal 1946, è stato Direttore del Muséum Nationale d'Histoire Naturelle tra il 1951 e il 1965. Nel 1955 pubblica un libro di viaggi molto diverso da questo, “Un naturaliste autour du monde”, in cui racconta le sue impressioni e alcuni aneddoti dai paesi che aveva visitato come scienziato, e in cui esprime anche il suo interesse per la conservazione della natura. Prima, nel 1948, era stato uno dei fondatori dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) di cui sarebbe stato presidente tra il 1954 e il 1958, e nel 1952 il suo libro “Destruction et Conservation de la Nature” stato uno dei primi tentativi di educare il pubblico in generale su questo problema. Fu anche promotore - e autore della prefazione - della traduzione francese di “Silent Spring” (1962) di Rachel Carson (1907-1964), che può essere considerata il punto di partenza della consapevolezza popolare a favore del movimento ambientalista in Occidente. Dal 1952 in poi si interessò particolarmente ai funghi allucinogeni e insieme a Robert Gordon Wasson (1898-1986) e Albert Hoffman (1906-2008), scrivendo alcuni dei libri fondamentali su questo argomento, oltre a numerosi articoli sulla coltivazione, tassonomia e composizione chimica di questi funghi. Non meno di una mezza dozzina di generi di funghi portano eponimi basati sul loro nome.
È stato membro dell'associazione “Amicale de Mauthausen”, di cui è stato presidente dal 1971 al 1979. Portava sempre nel suo portafoglio una fotografia che lo ritraeva, scheletrico ed emaciato, quando le forze alleate lo liberarono dall’infernale campo.

Bibliografia
- J. Pedrol (2020) Roger Heim un micologo en el infierno (Mauthausen-Gusen, 1944-1945)
http://viajesbotanicos.blogspot.com/202 ... no_27.html
- A. Lee (2018) “La sombre route”, R. Heim (scheda)
http://www.ego.1939-1945.crhq.cnrs.fr/r ... uvrage=335
- R. Luglia (2015) Chapitre XII. La débâcle et un nouveau départ (1939-1950), in Des Savants pour sauver la nature, pp.353-368
https://books.openedition.org/pur/89205
- F. Audoui (2007) Roger Heim, in Bulletin de la Societé Micologique Roche sur Yon, n°6
http://www.smry.fr/Bulletin/N_6/Roger%20HEIM.pdf
- P. Martens (1980) Hommage à Roger Heim [note biographique], in Bulletins de l’Académie Royale de Belgique, v. 66, pp. 195-198
https://www.persee.fr/doc/barb_0001-414 ... 66_1_63369
- L. R. Batra (1980) Professor Roger Heim, in Mycologia, v. 72, n. 6, pp. 1063-1064
https://www.tandfonline.com/doi/abs/10. ... 0.12021286