La pronuncia dei binomiali latini...

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:36

In un recente topic, è emersa la questione della corretta pronuncia di alcuni binomiali di specie micologiche. Senza ripassare tutto quanto già espresso, mi sembrava utile riprendere la conversazione da quello che sembrava un concreto punto d'arrivo sulla pronuncia corretta di Saccharomyces:
Queletia mirabilis ha scritto:
27 ago 2021, 15:19
La "giurisprudenza" in merito è assodata: saccaròmices e mices con la c morbida.
Il tutto può essere opinabile quanto vuoi, ma al momento la situazione è questa.
E' stabile? Nemmeno le montagne sono stabili. E' corretta? Non so dirtelo. Io la prendo per buona perché non sono certo un dotto latinista. Può essere cambiata? Certo, ci mancherebbe!. Basta che qualcuno pubblichi qualcosa in merito e che sia convincente da farlo accettare alla comunità scientifica. Ma al momento: saccaròmices e mices.
Giusto per capire meglio su cosa si fonda questa attuale giurisprudenza italiana (quella espressa, per intenderci, nell'opuscolo ISPRA), ho studiato un po' la questione in questi giorni. Cosa non facilissima perché ci sono da derimere differenti filoni dell'indagine:

α. come mai un ente istituzionale ritiene di correggere delle pronunce di taluni binomiali? E se è perché risulta diffusa una pronuncia ritenuta difforme, com'è che quella si sia propagata?

β. le regole che vengono applicate per fondare la correzione di tiro, da dove originano, a cosa si applicano normalmente, e: sono identiche in tutto il mondo?

γ. le specifiche pronunce promulgate dei binomiali indiziati sono intese essere universali, o solo per italofoni? E se sono solo per italofoni, quali regole di pronuncia è giusto che valgano altrove, trattandosi di un codice - quello del latino dei binomiali scientifici - istaurato proprio per valere come lingua franca internazionale, un tempo anche per le descrizioni, ormai solo per i nomi identificativi delle specie?

Infine, se dovessimo trovare utili risposte a questi tre punti, forse potremo anche azzardarci ad affrontare la domanda da cui questa conversazione prese il là: ma com’è che si pronuncia Kuehneromyces!?

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:38

Partendo dal punto più alla radice, il punto β., cioè il dettaglio su quali sono le regole che vengono applicate nella pubblicazione di ISPRA, consultandomi con latinisti di lingua italiana, tedesca ed inglese, ho trovato conferma che:

- per quanto riguarda le regole di accentuazione delle sillabe, tutte e quattro le principali "scuole"/tradizioni di pratica del latino (quelle Ecclesiastica Italiana, Ecclesiastica Inglese, e Nordeuropea, ma anche quella Classica restituta, che varrebbe per tutti), è corretto l'accento antepenultimo (= "sdrucciolo") in presenza di una vocale corta nella penultima - ed è appurato che nella latinizzazione di una radice greca viene conservata la lunghezza delle vocali. Nel caso in questione la υ del greco μύκης è corta, motivo per cui lo è anche la y di -myces, ovvero di "saccaròmices" (per la trascrizione fonetica uso qui una semplificazione all'italiana al posto dei caratteri IPA, per non complicare la lettura). Nota a parte: non tutte le y latinizzate di derivazione greca sono corte, vedi botrytis.

- differente è il discorso per la specifica pronuncia delle consonanti (e anche quella esatta delle vocali). Qui le pronunce praticate nei vari contesti culturali/linguistici differiscono, anche nel grado in cui le varie "scuole" le prescrivono - tranne una: la pronuncia Classica restituta impone in ogni caso e contesto specifici valori e per consonanti e per vocali. Nel caso specifico impone /k/ per c, dando quindi "saccaròmikes".

La risposta a β. è, dunque: a governare la pronuncia nel suo complesso (accentuazione, consonanti e vocali) dei vocaboli latini esistono varie regole, e per il contesto italiano resta da derimere se si intende applicare quella che deriva dalla scuola Ecclesiastica Italiana, o quella dalla Classica restituta, che portano a pronunce differenti: "saccaròmices" vs. "saccaròmikes".

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:42

Questo ci porta al punto α.: l'intento correttivo dell'ISPRA, da cosa, da quale uso/pratica ritenuto difforme, nasce?

Da un consulto con più di un micologo italiano, m'è ora chiaro: la stragrande maggioranza è abituata alla pronuncia piana (e con c morbida) del vocabolo campione in esame: "saccaromìces". Da notare che questa conserva valori vocali e dei consonanti unici alla scuola di latino Ecclesiastica Italiana, ma esula dalla regola di accentuazione che tutte le scuole imporrebbero. A cosa è dovuto ciò?

Si da il caso che il tema è stato affrontato quasi un secolo fa, quindi a valle del primo secolo di coniatura sistematica di binomiali di Linneo, in un saggio che traccia un bilancio ed esamina l'evidenza di uso del latino che si era propagata tra botanici a quel punto. L'autore è il botanico americano H. A. Gleason, il suo saggio del 1932 si intitola The pronunciation of botanical names, e per fortuna lo si trova in versione integrale a libero accesso qui. Sull'aspetto dell'accentuazione scrive:

"The chief difficulty encountered through accentuation is the concealment of the derived meaning of the term. [...]"

Cioè: l'imposizione delle strette regole di pronuncia ortodossa latina porta - nell'inglese, ma parimenti in altre lingue - ad un'occultazione semantica, staccando il vocabolo dalle sue radici compositive. Nell'esempio specifico: la scansione piana saccaro-mìces conserva la struttura semantica del vocabolo tedesco (coniato da T. Schwann nel 1837) che il neologismo latinizzato (proposto da J. Meyen nel 1838) era inteso sostituire: saccharo + myces = Zucker + Pilze. Gleason dettaglia ancora questo ragionamento:

"Numerous other similar cases will occur at once to the reader. In each of these the significant syllables of the roots, which by separate accents make plain and prominent the derived meaning of the name, are slighted or slurred in favor of the meaningless connecting syllable. Would it not be more expressive to a student, who has learned the word xylem and the root xanth in plant anatomy and physiology, to say Zan’-tho-xy’-lum instead of the meaningless Zan-thox’-ylum? One of my own students, hearing the name of a tree pronounced Quercus bi’-color, said "Now I know what that name means, two colors. I always heard it pronounced bickeler before.”"

Il pragmatismo semantico-pedagogico che Gleason propone, non è peraltro una sua invenzione dal nulla: infatti nota come tra le varie lingue europee vigono differenti approcci, e contestualmente chiarisce che la sua non è una posizione dogmatico/ideologica:

"There are of course numerous instances of similar words in ordinary speech, such as thermometer, barometer, and kilometer [sdrucciole in inglese come in italiano]. Such words are now beyond possibility of change, except through the slow evolution of the language - but how much more expressive are thermo-meter, baro-meter, and kilo-meter? The Germans certainly understand the Classics as well as we do, and probably much better on the average, yet they seem to get along well with thermo-meter and kilo-meter."

Gli fa eco il botanico, geologo e linguista R.W. Brown nel suo Composition of scientific words del 1954:

The purpose of pronunciation is not to be sonorous but to be understood. […] Clarity may be promoted by enunciating the simple components of technical words so that they will be heard as distinct, etymological entities. The single rule, 'Pronounce the root elements clearly', may well be a declaration of independence from too strict application of classical practice.

L’osservazione di Gleason della derivazione che la lingua tedesca fa dei vocaboli latini, conservandone la scansione logico-semantica, mi da un'indizio che quell'uso nel latino botanico della pronuncia piana in barba all'ortodossia - oggi consolidato tra botanici (e affini) anglofoni - all'epoca di Gleason ancora non lo era del tutto (da qui l'intento della sua proposta e del suo articolo) e forse indica la sua traccia originaria proprio nella pratica dei botanici di lingua tedesca, dato che nella loro lingua madre risulta più naturalmente questa tendenza.

A corroborare questa ipotesi concorre il latinista americano C. Chandler, nel suo saggio del 1889, Pronunciation of Latin and Quasi-latin scientific terms, riferendo di una forte diffusione della pronuncia latina di scuola nordeuropea nelle istituzioni del suo paese:

"As for the so-called Continental (i. e. German) way of pronouncing Latin, which about 1860-75 was epidemic in many parts of this country, especially in the West, I judge that there is not one word which may be justly said in favor of its use by an English-speaking student. [...] It was perhaps the most curious phase of that undiscriminating Germanomania which has so often snatched at the form while entirely missing the spirit of German scholarship. The American student was naively supposed to be taking a long step toward German patience and thoroughness, when he learned to mispronounce Latin according to the German method."

Riassumendo, credo che si possa ipotizzare che l’uso diffuso di alcune pronunce eterodosse di binomiali risalga da una parte da questa tendenza nel tedesco a conservare degli insiemi semantici nell’importazione di vocaboli da altre lingue (e da quelle classiche in particolare), che nel tempo si è congiunta ad una naturale propensione degli studiosi di botanica (ed altre discipline naturalistiche) a preservare alcune scansioni logico-semantiche dei binomiali coniati nel tempo, a far eccezione a regole dettate da altre esigenze/intenti più strettamente filologiche.

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:52

Guardando nei volumi tedeschi moderni dedicati all'argomento, troviamo che la questione della pronuncia è tutt'oggi dibattuta: al contempo che viene ribadita la regola ortodossa della scansione metrica, ma viene accompagnata da una sostanziale dose di pragmaticità e finanche di rassegnazione alle eccezioni da riservare al latino botanico.

Come scrive l’esauriente Genaust nel suo Etymologisches Wörterbuch der botanischen Pflanzennamen del 1996:

Für die Aussprache der Taxa möchte ich […] keine zwingenden Empfehlungen geben, zumal sich auch international keine Konvention über eine einheitliche Aussprache abzeichnen würde. Im deutschen Sprachgebiet wird man daher die Taxa so lesen, als seien sie Fremdwörter wie Harmonika, Virus oder Streptomycin; ob das c vor hellen Vokalen als /k/ oder als /ts/ ausgesprochen wird, ist irrelevant. Was die Einleitungen der Bestimmungsbücher dazu schreiben, ist ohnehin sprachwissenschaftlich schlecht begründet. So gibt es keine «rein griechischen» Taxa mehr, da sie nach den Regeln als lateinisch zu gelten haben; wenn sich also das Graphem sch in Taxa wie Schoenus, Schinus oder Aeschynomene findet, die ja zunächst auch auf lateinische Namen zurückgehen, so kann dieses Graphem als Kombina­tion von s + ch betrachtet und je nach folgendem Vokal wie in den Fremdwörtern Chor oder China ausgesprochen werden. Schwierig ist eine Empfehlung für solche Taxa, die dem Latein unbekannte Graphemkombinationen haben, wie Amelanchier, Forsythia, Loiseleuria oder Nopalxochia. Ich scheue mich nicht, diese Taxa wie gewöhnliche deutsche Fremdwörter auszusprechen; denn eine Wiedergabe nach den Regeln der gebenden Sprache, etwa als [amelã’ʃje], [fɔ:'sai0ia] oder [lwaz(ə)"lœria], erscheint vielen doch als ebenso gekünstelt, wie wenn man diese Gattungsnamen nach dem Muster des Lateins (mit der Aussprache [lɔisɛ'lɛVria]) behandeln würde. Überdies verfahren Engländer und Franzosen bei den ihnen vertrauten Namen genau umgekehrt. Es gilt also die Regel der Abtei Thélème: “FAY CE QUE VOULDRAS”, mit der entsprechenden Begründung bei Rabelais.”

Essendo il tedesco meno praticato tra noi, traduco:

“Per la pronuncia dei taxa, non darò [...] nessuna raccomandazione vincolante, tanto più che nessuna convenzione su una pronuncia uniforme emergerebbe a livello internazionale. Nell'area di lingua tedesca, i taxa saranno quindi letti come se fossero parole straniere come Harmonika, Virus o Streptomycin; che la c prima delle vocali leggere sia pronunciata come /k/ o come /ts/ è irrilevante. Ciò che si trova scritto nelle introduzioni dei libri di nomenclatura su questo punto è in ogni caso scarsamente giustificato in termini di linguistica. Per esempio, non esistono più taxa "puramente greci", poiché secondo le regole devono essere considerati latini; così, se il grafema sch si trova in taxa come Schoenus, Schinus o Aeschynomene, che inizialmente risalgono anche a nomi latini, questo grafema può essere considerato come una combinazione di s + ch e, a seconda della vocale seguente, pronunciato come nelle parole straniere Chor o China. È improbo fare una raccomandazione per taxa che hanno combinazioni di grafemi sconosciuti al latino, come Amelanchier, Forsythia, Loiseleuria o Nopalxochia. Non ho paura di pronunciare questi taxa in tedesco come normali parole straniere; perché una resa secondo le regole della lingua d’origine, per esempio come [amelã’ʃje], [fɔ:'sai0ia] o [lwaz(ə)"lœria], sembrerà ai più altrettanto artificiale che trattando questi nomi generici secondo il modello latino (con la pronuncia [lɔisɛ'lɛVria]). Inoltre, gli inglesi e i francesi fanno esattamente il contrario con i nomi che conoscono. Quindi si applica la regola del abbazia di Thélema a scomparti, secondo quanto enuncia Rabelais: FAY CE QUE VOULDRAS.”

E non c'è da sorprendersi: il tema aveva attirato l'attenzioni di autori tedescchi già prima, come il botanico e linguista berlinese A. Voss, che nel 1911 avvertiva di dover relativizzare il proprio impeto prescrittivista (del quale da comunque bella sfoggia), nel saggio Richtige Betonung der botanischen Namen:

Das Botanikerlatein ist kein Klassikerlatein, will auch kein solches vorstellen, aber es muß sich ihm anlehnen, soweit die Anforderungen, welche die Praxis an eine botanische Kunstsprache stellen muß, das irgend zulassen.

“Il latino botanico non è il latino classico, né vuole esserlo, ma deve basarsi su di esso per quanto lo permettono le esigenze pratiche di una lingua d’arte botanica.”

Questo relativismo lo troviamo ancora ben riassunto nel volume attualmente ancora di riferimento nel mondo anglofono, Botanical Latin: history, grammar, syntax, terminology, and vocabulary del 1983 (ecc) di W.T. Stearns, il quale aggiunge un'altra considerazione generale che contestualizza la questione:

"Botanical Latin is essentially a written language, but the scientific names of plants often occur in speech. How they are pronounced really matters little provided they sound pleasant and are understood by all concerned.

Il latino essendo stato scelto come codice internazionale per gli scritti in materia di scienza botanica (ed altre), inevitabilmente presenterà delle fluttuazioni di pronuncia, quando lo si traspone nell'uso orale/parlato, che naturalmente saranno condizionati ognuno (a pari merito) dal proprio contesto culturale e linguistico.

Anche Gleason già scriveva:

"Now scientific names represent, in a way, a universal language among botanists, but in that sense they are used as written terms instead of spoken. It is the rare exception that they are used as common oral terms between persons speaking different languages. There is accordingly no reason why these terms, written always the same, should not be pronounced differently in different languages, depending on the custom and usage of the language employed. We have abundant precedent already for variable pronunciation in geographical terms: we say Paris, not Paree, the English say Pot'-omac, not Po-tom'-ac, and the Germans may even say Yova instead of Iowa, yet no confusion results."

Più di recente anche altri studiosi anglofoni riferiscono del loro approccio pragmatico-relativista alla questione della pronuncia: R. Alexander / N. Dunne, 2016 Say What: Pronouncing Botanical Latin, e T. Waters Pronouncing Botanical Latin: a Personal Perspective del 2021.

In questo approccio relativista non vedo dunque nulla da biasimare ([urlhttps://unaparolaalgiorno.it/articoli/grammatica-dubbiosa/accento-alla-greca-e-accento-alla-latina-quale-scegliere-9)]qui un ripasso[/url] di quanto simili questioni investono anche altri vocaboli in italiano), con buona pace dei grammatici e filologi classicisti ortodossi e prescrittivisti. Paradossalmente, è proprio questo aspetto che testimonia quanto il latino scientifico/botanico sia una variante viva di quella che per il resto è a tutti gli effetti una lingua morta.

Quella di stabilire una sola regola complessiva valevole in toto e per chiunque sulla pronuncia dei binomiali delle specie - e potrebbe essere solo una versione integrale del latino Classico restituto, accenti, consonanti e vocali tutti - sembra un’ipotesi chimerica, superata dalla pratica ormai consolidata. Con questa scelta men che assoluta, però, almeno per i valori di consonanti e vocali si dovrà lasciar spazio alle pronunce adattate ognuna al proprio contesto storico-linguistico, per -myces, dunque i vari “-maisiis”, “-mühtzes”, “-mitzes”, “-misess”, “-mices” e chi più ne ha, più ne metta.

Così troviamo, quindi, la risposta al punto γ.: la "giurisdizione" succitata sceglie per l'Italia non la regola assoluta della pronuncia latina Classica restituta, ma un'adesione al Latino Ecclesiastico all'Italiana. Scelta che ha senz'altro un suo perché - ma anche dei suoi limiti - come vedremo qui di seguito.
Ultima modifica di progosk il 15 set 2021, 14:59, modificato 1 volta in totale.

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:54

La scelta di prediligere una normalizzazione fonetica della pronuncia del latino, adattandola per avvicinarla a quella della lingua corrente di chi ne fa uso (nel nostro esempio italiano, la c morbida in -myces) è in realtà una buona prova di pragmatismo, per alienare meno il vocabolo dall'uso di lingua a cui è abituato chi vorrebbe impiegarlo. Questo stesso pragmatismo, però, richiederebbe un'approccio relativista anche all'altro aspetto di pronuncia che è emerso nel topic da cui prende spunto questa riflessione: quella dei binomiali onorifici.

Non a caso sono proprio i vocaboli coniati a partire dai cognomi, un vezzo ricorrente nel latino botanico, che emergono come scatenante per gli autori sulla pronuncia dei binomiali. Ecco Gleason in proposito, nel 1932:

"Another and particularly unfortunate result of the classical system in determining accent is seen in its application to various commemorative names. Oakes and Hales, with monosyllabic names of good English origin, are commemorated in genera which we are asked to pronounce O-kees'-ia and Ha-lees'-ia. Harper’-ia and Nel-so’n’-I’ are not so bad, but Rosy-eye (Rosei) reminds one of a certain disease and Jesupi is almost intolerable, either as Je-sup’-i or Je-soop’-i.”

Già mezzo secolo prima anche Chandler si misurava con la questione:

"The class (not coming under these rules) consists of modern proper names which have been latinized in part only. They have the endings, -onia,-ensis, -ia, -ii, etc. , and are accented according to to the general rule; but the unlatinized part retains its own pronunciation (sometimes slightly effected by the change of accent). The earlier rule in latinizing proper names was to give them a purely classical form. The result was often to render them nearly or quite unrecognizable. The present tendency is to preserve the identity of the name."

Secondo Stearns, infine:

"These rules cannot satisfactorily be applied to all generic names and specific epithets commemorating persons. About 80 per cent of generic names and 30 per cent of specific epithets come from languages other than Latin and Greek. A simple and consistent method of pronouncing them does not exist, because different peoples use the same letters for different sounds and different letters for the same sounds, The cz of Polish corresponds to the English ch and the Italian c before i or e, but the English ch is not the same as the French ch or the Italian ch before i or e. The ideal method with most names commemorating persons is to pronounce them as nearly as possible like the original name but with a Latin ending. The uncouth-looking Warszewiczella will then be euphoniously pronounced as var-she-vi-chel'-la and not uncouthly as wars-zew-ic-zell-a.”

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 14:57

Considerando quanto esposto sopra, che ne è, dunque, del nostro Kuehneromyces?

È chiaro che ogni scelta di pronuncia finirà per essere personale. Ma spero che chi opterà per conservare intatto il cognome oggetto di onorificenza - usando quindi “kiuneromices” o similia - almeno saprà di avere degli argomenti dalla sua parte.

Se poi oserà anche scandirla kiu'neromi'ces… saprà pure di rischiare qualche ciglio alzato dai latinisti digiuni di botanica, ma di essere in nutritissima compagnia tra gli addetti al lavoro.

:mm:

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 15:11

progosk ha scritto:
15 set 2021, 14:52
Inoltre, gli inglesi e i francesi fanno esattamente il contrario con i nomi che conoscono. Quindi si applica la regola del abbazia di Thélema a scomparti, secondo quanto enuncia Rabelais: FAY CE QUE VOULDRAS.”[/size]
errata corrige:

"[...] Inoltre, gli inglesi e i francesi fanno esattamente il contrario con i nomi a loro più familiari. Quindi si applica la regola dell'abbazia di Thélema, secondo quanto enunciato da Rabelais: FAY CE QUE VOULDRAS.” - e cioè: ognuno faccia come crede.

Queletia mirabilis
Moderatore globale
Messaggi: 10779
Iscritto il: 31 ago 2017, 14:11
Nome: Massimo
Comune: Lari
regione: Toscana
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da Queletia mirabilis » 15 set 2021, 17:57

Azz... questo è quel che si dice "approfondire un argomento".
Una specie di tesina in merito.
Si vede che sei un filologo.
I miei complimenti per la ricerca. -6116

e comunque siamo tornati a... saccaròmices

-5327

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 15 set 2021, 18:37

Queletia mirabilis ha scritto:
15 set 2021, 17:57
Si vede che sei un filologo.
nomen est omen ;)
Queletia mirabilis ha scritto:
15 set 2021, 17:57
e comunque siamo tornati a... saccaròmices
beh, "giuridicamente" parlando, sì, infatti lo si trova accentuato così anche in Genaust, e similmente raccomanderebbero Stearns & Co...

Ma resta il fatto che la pronuncia assolutamente più diffusa, in Italia e nel mondo, è quella con accentuazione piana, saccaromi'ces. Spero che ora sia un po' più chiaro il perché di ciò, e anche l'illusorietà dei tentativi troppo prescrittivisti attraverso le ere sull'accentuazione dei binomiali. Essendo il latino botanico una lingua viva, e valendo il principio language = use, come disse la canzone: "I say tomato, you say tomahto..." :mm:

progosk
Membro FeM
Messaggi: 2103
Iscritto il: 20 nov 2020, 12:43
Nome: Philip
Comune: Roma
regione: Lazio
nazione: Italia

Re: La pronuncia dei binomiali latini...

Messaggio da progosk » 16 set 2021, 12:38

Siccome non mi sarei avventurato in questa indagine senza lo sprono delle riflessioni altrui nel topic sui chiodini, mi sento in debito di offrire qualche risposta, a ragion veduta.

A Giancarlo,
Gianca ha scritto:
27 ago 2021, 09:50
ma la pronuncia è più facile = kuneròmices mutabilis
e
Gianca ha scritto:
27 ago 2021, 10:46
Queletia mirabilis ha scritto:
27 ago 2021, 10:28
la pronuncia deve essere chiueneròmices
Sempre più difficile
La prima i forse non la ricordavo, ma la prima e non la ricordo affatto.
Grazie dell'indicazione dell'ortodossia, che mi era sconosciuta. Come visto poi di seguito, cosa vale secondo la regola del latino Ecclesistico all’Italiana rispetto all’imitazione di un fonema estraneo nella radice d’origine… non mi sembra legiferabile in maniera conclusiva. E direi che va bene così ;-)

Rispondi