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da progosk » 26 dic 2020, 10:56
A istinto mi pongo lo stesso quesito quando mi avvicino ai funghi come potenziale commestibile. Ad esempio, mi incuriosisce quel che leggo su vari modi di consumo di Fistulina epatica: chi consiglia crudo in piccole dosi, chi invece lo mette sotto sale, poi lo infarina e lo mette in forno con spezie e pomodoretto. Non ho avuto occasione di incontrarla, ma nel frattempo mi documento sulle varie ricette che le persone con più esperienza hanno elaborato.
E nel farlo, mi vien da pensare alle olive messe sotto ranno, alle castagne messe a spurgare, alle melanzane pressate sotto sale, ecc. ecc. Tutte pratiche alle quali non viene appeso particolare associazione di inutile alchimia, fanno semplicemente parte del bagaglio di tecniche culturali tramite le quali ci relazioniamo col mondo.
E poi penso a mia mamma che da qualche anno ha il dispiacere che nel suo consumare funghi ce n’è uno che, dopo anni di occasionale godimento, in seguito a due occasioni in cui le provocò immediata, significativa reazione gastroenterica, non toccherà mai più: l’ovolo quello buono, la caesarea. Reazione forse allergica, ci diciamo, ma non è che sapremo mai esattamente cosa le sia scattato al consumo di quella che anche nella sua esperienza era sempre stato una specie succulenta. Reazione di prudenza che ora vale per lei come divieto assoluto, e a me porta un ulteriore nota di attenzione a non confondere quella specie quando l’incontro nel bosco. Ma... eleveremmo l’annedoto mio a monito per tutti sul potenziale pericolo a consumare A. caesarea? Quale mole di documentata casistica soddisfarebbe il criterio razionale che esigiamo, per farne scienza?
Penso sia innegabile che qualcosa ha influito in maniera singolare sulla “sfortuna” critica di muscaria. E non sarebbe nulla di troppo sorprendente: fasi di “panico sociale” nei confronti di una determinata specie/sostanza sono state ben documentate nella storia umana.
Vero che tendenzialmente noi parliamo dei funghi, li viviamo, come raro, e dunque secondario, oggetto di consumo. Guardacaso erano studi sul potenziale di nutrimento primario, per combattere la fame, che hanno portato a indagini per capire meglio le intrinseche qualità dei funghi in genere. Penso che chiarire quanto il nostro punto di vista, anche quando scegliamo su cosa puntare le nostre indagini scientifiche, è sempre necessariamente informato/condizionato da un contesto cultural-vitale, sia solo un’utile filtro, per evitare abbagli.
Per tornare all’aneddotico: 1. ci sono significativi indagatori in micologia (nello specifico un fu presidente della New York Mycological Society) che iniziarono le loro indagini sui funghi letteralmente per fame (negli anni ‘30), storia su cui forse avrò occasione di tornare; 2. il mio interesse momentaneo ad A. muscaria è partito da una conversazione con la badante di mia suocera, georgiana (e laureata in matematica): alla domanda quali fossero i funghi prediletti dalle sue parti, mi ha risposto spontanea, entusiasta: quelli rossi, con i punti bianchi, buonissimi, bellissimi. Testuali parole... :-o